lunedì 16 settembre 2013

Fantozzi aveva ragione

Chi non ha mai visto un film di Fantozzi alzi la mano! Lei, in terza fila, esca da questo blog!
Fantozzi può far più o meno ridere; sicuramente la satira sociale degli ultimi film si è annacquata quasi nello stile cinepanettone in voga negli ultimi venti anni. Però, soprattutto nei primi due film tratti dai medesimi romanzi scritti da Paolo Villaggio, il mite rag. Fantozzi incarna alla perfezione il disagio sociale del dipendente italiano poco avvezzo al consumismo importato dagli U.S.A. A partire dagli anni sessanta si è vissuto un periodo storico particolare per chi, nato nella piena seconda guerra mondiale, si ritrovava in un ambiente classista e spietato: il terziario moderno.
Quel sistema piramidale, dal megadirettore galattico alla base dei dipendenti schiavizzati, ha dominato in questi ultimi quarant'anni fino ai giorni nostri. L'Italia si è fermata allo stile fantozziano, applicando quel pattern a quasi tutti i suoi settori aziendali. Questo ha avuto senso per i primi decenni, ma in questi ultimi anni, in un periodo in cui uno smartphone può sostituire il ruolo di tre livelli diversi, ci si ritrova un esubero di persone in grado ormai solo di scaldare sedie.
Nel mondo informatico il paradosso è ancora più accentuato. Mentre negli U.S.A. le più grandi aziende (non solo Google) stimolano e ottimizzano il lavoro dei propri dipendenti con ambienti di lavoro ottimali e pensati per loro, in Italia ancora si fa fatica a immaginare uno stile diverso da quello di Fantozzi.
Per fortuna la società per cui lavoro si distacca da questi sistemi ormai obsoleti, però quando, di passaggio presso un cliente, mi ritrovo a lavorare presso un sottoscala, il dubbio mi sovviene.



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